E-COMMERCE E ACCORDI DI DISTRIBUZIONE SELETTIVA. IL CASO SISLEY (azienda di cosmesi) c/ AMAZON (Ordinanza del Tribunale di Milano, sezione specializzata Tribunale delle Imprese, del 03.07.2019).
Gli accordi di distribuzione selettiva – tipici dei beni di lusso- sono, ai sensi dell’art. 1 del Regolamento U.E. del 20.04.2010 N. 330, un sistema di distribuzione nel quale “il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema.”.
La ratio dei sistemi di distribuzione selettiva è quella di attribuire al produttore dei beni di certa qualità (beni di lusso) la possibilità di distribuire i prodotti in aree geograficamente lontane dal luogo di produzione, preservando contemporaneamente la stabilità e la coerenza dell’immagine dei beni e la percezione del marchio da parte dei consumatori. Essi costituiscono, quindi, un importante strumento per le imprese poiché hanno lo scopo di proteggere i marchi esaltando la qualità e l’eccellenza dei prodotti. Al tempo stesso concretizzano un caso di restrizione verticale della concorrenza, però, ammessa ai sensi dell’art. 101 sul Trattato del Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.).
Detto strumento è utilizzabile soprattutto per i beni di alta qualità come si desume dal numero 176 degli Orientamenti sulle restrizioni verticali della Commissione Europea in virtù del quale “se le caratteristiche del prodotto non richiedono una distribuzione selettiva […], tale sistema di distribuzione non comporta generalmente vantaggi in termini di efficienza tali da compensare una notevole riduzione della concorrenza all’interno del marchio.” Da ciò consegue che “… Se si verificano effetti anticoncorrenziali sensibili, è probabile che il beneficio dell’esenzione per categoria venga revocato”.
Il panorama giurisprudenziale formulato in ambito di tutela dei sistemi di distribuzione selettiva è ancora variegato riscontrandosi delle pronunce che richiedono semplicemente la mera violazione di un valido sistema di distribuzione selettiva ed altre che, invece, alzano la soglia di tutela delle distribuzioni selettive richiedendo ulteriori presupposti di fatto e di diritto.
In quest’ultimo filone giurisprudenziale rientra l’ordinanza del Tribunale di Milano – sezione specializzata Tribunale delle Imprese – del 03.07.2019, emessa nel caso Sisley c/ Amazon. Tale ordinanza costituisce un caso emblematico in tema della tutela dei sistemi di distribuzione selettiva contro la vendita sul web da parte di soggetti estranei alla rete (o comunque fuori dei limiti validamente fissati ai distributori stessi di utilizzo della rete), e vede la vittoria della società francese Sisley, specializzata nella produzione di cosmetici innovativi di altissima qualità, nei confronti del famoso marketplace-online Amazon, ottenendo tutela cautelare dal Tribunale di Milano che ha inibito alle società Amazon resistenti di “commercializzare, offrire in vendita, promuovere o pubblicizzazione sul territorio italiano” i prodotti Sisley, avendo ritenuto che le modalità da esse seguite – e cioè quelle standard nel modello di business di Amazon, in particolare con la mescolanza nella stessa pagina di prodotti disparati e di diverso standing – fossero “lesive dell’immagine e del prestigio del brand”.
Specificamente, Sisley contestava ad Amazon che, nella piattaforma diretta ai consumatori italiani (www.amazon.it), venissero ospitate sia offerte di vendita dei prodotti Sisley da parte di soggetti non appartenenti alla sua rete distributiva, sia offerte di vendita operate in proprio da Amazon di prodotti acquistati da rivenditori infedeli, evidentemente indotti a violare le loro obbligazioni nascenti dall’adesione alla distribuzione selettiva, che precludeva ai membri della rete di commercializzare i prodotti a marchio “Sisley” su piattaforme di soggetti terzi, in entrambi i casi con asserito gravissimo pregiudizio del prestigio dei propri marchi.
Sulla base di queste circostanze, le reclamanti contestavano ad Amazon: 1) la contraffazione dei propri marchi e degli altri segni distintivi; 2) gli illeciti concorrenziali di cui ai nn. 1, 2 e 3 dell’art. 2598 c.c.; 3) la violazione dei diritti d’autore in relazione all’uso non autorizzato di fotografie riproducenti i prodotti a marchio Sisley, asseritamente tratte da campagne pubblicitarie da parte delle resistenti.
L’ordinanza in esame, tuttavia, per concedere la tutela richiesta da Sisley richiede un elemento ulteriore rispetto alla mera violazione del sistema di distribuzione selettiva: ossia, il pregiudizio. Al riguardo, il Tribunale di Milano, dopo aver accertato la natura di beni di lusso dei prodotti a marchio Sisley, ha ravvisato il pregiudizio a danno della reclamante nelle concrete modalità di vendita di tali beni da parte di Amazon. Per i giudici milanesi risultavano, in particolare, lesive dell’immagine di lusso del brand: 1) la presentazione di prodotti Sisley “mescolati ad altri articoli, quali prodotti per la casa e per le pulizie, prodotti comunque di basso profilo e di scarso valore economico”, cioè l’accostamento “a marchi di fascia bassa, di qualità, reputazione e prezzo molto inferiori o comunque di gran lunga meno prestigiosi”; 2) “l’accostamento a prodotti non appartenenti alla sfera del lusso e la presenza di link che indirizzano a siti di prodotti del tutto diversi”; 3) “la mancanza di un idoneo servizio clienti, analogo a quello assicurato dalla presenza nel punto vendita fisico di una persona in grado di consigliare o informare i consumatori in maniera adeguata, giudicata esigenza legittima da parte della Corte di giustizia, in quanto riferita alla qualificazione del personale”: sono state, quindi, le tipiche modalità di vendita e di presentazione dei prodotti di una piattaforma “generalista”, come è appunto quella di Amazon, ad essere state ritenute lesive del prestigio dei prodotti di lusso che ivi vengono venduti.
Oltre all’orientamento esposto, tuttavia è da segnalare un altro orientamento giurisprudenziale, soprattutto in ambito europeo, secondo il quale è sufficiente la mera violazione di un valido sistema di distribuzione selettiva per ottenere tutela (ex multis, Corte di Giustizia Unione Europea 06.12.2017, C-230/16, sentenza “Coty”). Specificamente, la Corte di Giustizia Europea nella sentenza “Coty” ha affermato che “… una vendita online di prodotti di lusso tramite piattaforme che non appartengono ad alcun sistema di distribuzione selettiva di tali prodotti, nell’ambito della quale il fornitore non ha la possibilità di controllare le condizioni di vendita dei suoi prodotti, determina il rischio di uno scadimento della presentazione di detti prodotti su Internet, idoneo a nuocere alla loro immagine di lusso e, quindi, alla loro stessa natura”, soprattutto laddove si consideri il fatto che “tali piattaforme costituiscono un canale di vendita per ogni tipo di prodotto.