CONTRATTO DI CESSIONE DEI DIRITTI D’AUTORE: CRITERI PER VALUTARE LA VIOLAZIONE DELL’EQUILIBRIO CONTRATTUALE (Cassazione Civile del 06.10.2020, n. 21498).
La Suprema Corte con la sentenza in esame afferma il principio secondo il quale, poichè “…il contratto di cessione dei diritti d’autore è un contratto atipico (ossia, è un contratto non espressamente normativizzato)…la decisione della controversia sui diritti e sugli obblighi delle parti si risolve in una “quaestio voluntatis” rimessa in massima parte all’interpretazione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata”. In altri termini, quando il giudice di merito è adito al fine di accertare la violazione dell’equilibrio contrattuale di un contratto di cessione dei diritti d’autore, egli deve effettuare una esatta ricostruzione della volontà delle parti.
La controversia in oggetto trae origine dalla azione di risoluzione del contratto di cessione dei diritti d’autore esercitata dalla Sig.ra Luisa Esposito, figlia ed erede del compositore Salvatore D’Esposito (deceduto nel 1982), nei confronti della società Edizioni Leonardi s.r.l., tramite atto di citazione del marzo 2009. Specificamente, il contratto, stipulato nel 1953, aveva ad oggetto la cessione dei diritti di sfruttamento economico di cinque composizioni musicali del de cuius dietro corrispettivo e la risoluzione del contratto veniva richiesta per inadempimento grave della società convenuta, con inibitoria e condanna al risarcimento dei danni.
La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 325/2019, (depositata in data 22/1/2019, pronunciata in sede di rinvio a seguito di cassazione, con sentenza della Corte di legittimità n. 34/2017, di pregressa decisione d’appello) confermava la decisione di primo grado, che aveva, accertato l’inadempimento della Edizioni Leonardi s.r.l., dichiarando la risoluzione del contratto del 1953 e condannando la società a versare alle eredi del compositore Salvatore D’Esposito la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno oltre interessi legali.
Avverso tale sentenza, la Edizioni Leonardi s.r.l. proponeva ricorso in cassazione affidandolo a tre motivi.
Per quanto qui interessa, con il primo motivo, la ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 384 c.p.c. e degli artt. 2946 e 1455 c.c. sulla valutazione del concreto pregiudizio economico cagionato dall’inadempimento dell’editore, facendo riferimento alla durata dell’inadempimento stesso, avendo la Corte, a suo dire, reiterato il medesimo errore del precedente Collegio di merito, facendo riferimento alla durata dell’inadempimento stesso, così violando il principio di diritto posto dalla Corte di legittimità nella sentenza n. 34 del 2017 ove si era contestato il mancato esame della gravità e rilevanza dell’inadempimento dal punto di vista oggettivo.
Con il secondo motivo, la società ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 384 c.p.c. e 1455 c.c. in ordine alla valutazione dell’oggettiva entità dell’inadempimento in rapporto alle obbligazioni adempiute, asserendo che l’attività di promozione e gli adempimenti necessari per depositare le opere presso la S.I.A.E. (i cui versamenti alle eredi delle quote spettanti dei ricavi riscossi, per diritti di esecuzione e fonomeccanici, erano stati effettuati, come accertato nella sentenza impugnata) dovevano essere fatti rientrare tra gli adempimenti delle editore, costituendo, questi, ex art. 3, lett. a) e b) del contratto, parte del compenso pattuito con l’autore per la cessione dei diritti d’autore.
Ciò posto la Suprema Corte evidenzia che, come aveva già in precedenza più volte affermato (Ex multis: Cass. 17790/2014; Cass. 27337/2019; Cass. 448/2020) “…i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384 c.p.c., comma 1°, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata (ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi); nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonchè la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità”.
Alla luce di questo principio, la sentenza in esame, correttamente, evidenzia che la Corte di merito, in sede di rinvio (a fronte della cassazione della pregressa decisione per carenza di motivazione e violazione di legge) abbia correttamente rivalutato i fatti acquisiti ai fini del giudizio di gravità dell’inadempimento, non dando esclusivamente rilievo all’elemento soggettivo o alla durata dell’inadempimento, ma tenendo conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive emerse dalle quali è stato possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale, tra queste: – l’entità delle obbligazioni inadempiute dall’editore; – la totalità delle obbligazioni poste nel contratto a carico dell’editore, pur di non rilevante entità economica; – il versamento all’autore, alla fine di ogni trimestre, di una partecipazione sulle vendite degli spartiti, su eventuali cessioni all’estero o cessioni per film, mentre la partecipazione sui proventi per pubbliche esecuzioni e sui diritti fonomeccanici, erano state adempiute, per effetto di pubbliche esecuzioni da parte di terzi o di acquisto o esecuzione di riproduzioni fonomeccaniche delle opere musicali dell’autore tramite la S.I.A.E., e sarebbero state adempiute a prescindere dall’esistenza stessa de contratto in oggetto; – la totale omissione dell’adempimento dell’obbligazione di rendicontazione trimestrale – cui si era data esecuzione solo in giudizio, a seguito di ordine di esibizione -; l’assenza di prova di un’effettiva attività di promozione dell’opera del de cuis.
A tali considerazioni la Corte di legittimità ha aggiunto che “il contratto di cessione di diritti di autore è un contratto atipico, cui sono pertanto applicabili solo le norme a carattere generale dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, dall’ art. 107 all’art. 114 sul diritto di autore, e non anche l’art. 119, che disciplina la portata del contratto di trasferimento dei diritti di utilizzazione spettanti all’autore, dovendosi ritenere tale disposizione applicabile ai soli contratti di edizione (con riferimento alle pubblicazioni a stampa), cosicchè “la decisione della controversia sui diritti e sugli obblighi delle parti si risolve in una “quaestio voluntatis” rimessa in massima parte all’interpretazione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata”.
Per i motivi su esposti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendolo totalmente infondato.